LE TRE SORELLE
OLYMPIC-TITANIC-BRITANNIC
TRE DESTINI DIFFERENTI
La classe Olympic era formata da tre navi passeggeri gemelle, appartenenti alla Compagnia marittima inglese:
WHITE STAR LINE
OLYMPIC – La nave fu varata nel 1910 e demolita nel 1935. Fu di gran lunga la più longeva delle Tre Sorelle. Durante la sua lunga carriera conobbe un incontro ravvicinato con un sommergibile tedesco durante la prima guerra mondiale e una collisione con la motonave inglese Hawke. Senza conseguenze gravi in entrambi i casi. Il 15 maggio 1934 l’Olympic speronò di prua la piccola nave americana Nantucket Lightship LV-117. La piccola nave naufragò e morì tutto il suo equipaggio: alcuni membri perirono sul colpo, mentre altri morirono successivamente in ospedale.
Il 27 marzo 1935 compì il suo ultimo viaggio Southampton-New York. Nel setytembre dello stesso anno fu venduta a Sir John Jarvis per £ 100,000. Rivenduta a Thomas W.Ward Ltd. con l’impegno che la nave venisse demolita nel cantiere di demolizione Jarrow-on-Tyne. Il 13 ottobre la nave giunse al Palmer’s-old shipyard, Jarrow. Il prezzo dell’acciaio dell’OLYMPIC superò £2,3s per tonnellata.
TITANIC – La nave fu varata nel 1911, affondò durante il viaggio inaugurale, nel 1912 dopo la collisione con un iceberg.
BRITANNIC – La nave, poi HMS Britannic – varata nel 1914, affondò nel 1916 dopo l’urto con una mina tedesca quando era utilizzata solo come nave ospedale durante la Prima Guerra Mondiale.
Il transatlantico HMS BRITANNIC, prima di essere convertito in Nave Ospedale, era stato designato RMS Gigantic.
Del transatlantico TITANIC e del gemello OLYMPIC ce ne siamo già occupati sul sito di Mare Nostrum Rapallo, ecco i LINKS:
RMS TITANIC – Una breve Storia
LA STORIA DEL RMS OLYMPIC
Del BRITANNIC ce ne occupiamo con il presente servizio.
HMHS BRITANNIC
Ai primi del ‘900, la rivalità tra le due famose Compagnie di Navigazione Passeggeri: CUNARD LINE e WHITE STAR era famosa in tutto il mondo dello Shipping internazionale, proprio in quella fase storica che fu definita “L’ETA’ D’ORO” dei LINERS oceanici.
Ai due giganti di linea: Lusitania e Mauritania della CUNARD, di cui ci siamo già occupati su questo sito, la WHITE STAR rispose il 23 novembre 1911 firmando un contratto con i costruttori navali irlandesi Harland & Wolff, per la costruzione della terza nave del trio di super transatlantici, appunto: il BRITANNIC.
Questa è la storia di quello che sarebbe diventato di lì a poco L’HMHS Britannic, l’acronimo inglese (His Majesty’s Hospital Ship) ne indica la sua ultima destinazione.
Avrebbe dovuto chiamarsi Gigantic, ma l’affondamento della gemella RMS Titanic, rivoluzionò i piani di costruzione ed il suo nome fu cambiato in Britannic.
ALCUNI MIGLIORAMENTI TECNICI REALIZZATI SULLA BRITANNIC
La perdita di vite avvenuta con il Titanic, incise pesantemente sulle scelte progettuali e portò la Compagnia ad equipaggiare nuove e più grandi gru, capaci di portare fino a 48 scialuppe, 2 delle quali dotate di radio a corto raggio e motori.
Per navi superiori alle 10.000 tonnellate, era ancora in vigore la legge che prevedeva l’obbligo di lance di salvataggio per almeno un terzo delle persone imbarcate, quindi non esisteva alcun obbligo per i costruttori a garantire la sicurezza di tutti i passeggeri e dell’equipaggio.
Fu aumentato il numero dei compartimenti per aumentare la galleggiabilità della nave nei casi di estremo pericolo, cercando soprattutto d’isolare, quindi di proteggere la sala macchine. L’altezza di 5 paratie delle 17 paratie, misuravano 23 metri fino ad arrivare al ponte di coperta. Questo permetteva al Britannic di evitare l’affondamento nel caso in cui l’acqua fosse riuscita a passare al di sopra delle paratie.
I compartimenti, furono dotati di 63 porte stagne a chiusura semi-automatica e venne rinforzata la chiglia, principalmente al di sotto della sala macchine, per un totale di 155 mt, con una doppia chiglia di 76 cm di spessore. Con queste modifiche, in teoria, la nave sarebbe potuta restare a galla (ma non in movimento) anche con 6 scompartimenti anteriori allagati.
Il transatlantico fu varato il 26 febbraio 1914. Era lungo 269 metri e largo 28.5, aveva una stazza di 48.158 tonnellate, minore di quanto previsto inizialmente, 9 ponti, 785 passeggeri di 1° classe, 835 di 2° classe, 935 di 3°classe e 950 persone di equipaggio, 29 caldaie di cui 24 di tipo doppio e 5 di tipo singolo.
La propulsione era composta da due macchine alternative a vapore reversibile a doppio effetto e triplice espansione a quattro cilindri, collegate alle eliche esterne, mentre una turbina Parsons a bassa pressione alimentava quella centrale. Questi motori, i più grandi mai costruiti, 13.5 m di altezza, rispetto a quelli del Titanic erano più efficienti e permettevano, in fase di manovra, la mobilità delle 2 eliche esterne ed attraverso il recupero del vapore, veniva garantita l’alimentazione della turbina per la terza elica centrale.
Grazie ai 50.000 cavalli vapore sviluppati, la nave poteva raggiungere i 22 nodi, velocità incredibile per una nave passeggeri dell’epoca.
UNA CURIOSITA’:
Sui tre SUPER-TRANSATLANTICI, solamente tre delle quattro ciminiere alte 19 metri erano funzionanti, la quarta aveva la funzione di presa d’aria, e fu aggiunta per rendere lo SHAPE della nave più imponente.
il 28 giugno 1914, L’attentato di Sarajevo fu assunto dal governo di Vienna come il “casus belli” che diede formalmente inizio alla Prima guerra mondiale. Il Britannic non sarebbe mai potuto entrare in servizio passeggeri per il quale era stato designato e destinato. La dichiarazione di guerra della Gran Bretagna causò la completa cessazione dei lavori sulla nave Britannic.
QUADRO STORICO
La campagna di Gallipoli, conosciuta anche come campagna dei Dardanelli fu una campagna militare intrapresa nella penisola di Gallipoli dagli Alleati: Impero Britannico e Francia schierati contro L’Impero Ottomano e Germania nel corso della Prima guerra mondiale per facilitare alla Royal Navy e alla Marine Nationale il forzamento dello stretto dei Dardanelli al fine di occupare Costantinopoli, costringere l’Impero Ottomano a uscire dal conflitto e ristabilire le comunicazioni con L’Impero russo attraverso il Mar Nero.
La campagna, pianificata da Francia e Regno Unito, doveva inizialmente articolarsi su una serie di attacchi navali che, condotti dal 19 febbraio al 18 marzo 1915, non ottennero i risultati previsti; il 25 aprile 1915 tre divisioni alleate furono sbarcate sulla penisola di Gallipoli, mentre altre due furono utilizzate in azioni diversive, in quella che si può considerare la prima operazione anfibia contemporanea su vasta scala e dalla quale scaturirono studi teorici che influenzarono profondamente successive operazioni analoghe. L’azione fu studiata in modo da eliminare le fortificazioni avversarie e rilanciare l’assalto navale, ma lo svolgimento delle operazioni non andò come previsto dai comandi alleati: l’improvvisata organizzazione della catena di comando, la confusione durante gli sbarchi, le carenze logistiche e l’inaspettata resistenza dei reparti ottomani coadiuvati da elementi tedeschi impedirono di ottenere un’importante vittoria strategica, trasformando la campagna in una sanguinosa serie di sterili battaglie a ridosso delle spiagge.
L’evacuazione finale delle teste di ponte tra il novembre 1915 e il gennaio 1916 suggellò uno dei più disastrosi insuccessi della Triplice intesa durante l’intera guerra; il fallimento costò al corpo di spedizione circa 250 000 morti e feriti e fu aggravato dalla perdita di diverse unità navali di grosso tonnellaggio, nonostante gli Alleati avessero goduto di un’assoluta superiorità numerica e tecnica a confronto con le esigue forze navali ottomane.
In questo teatro bellico entra in scena la nave ospedale
BRITANNIC
Il 13 novembre 1915 la White Star ricevette la richiesta dall’Ammiragliato Britannico per impiegare la Britannic come nave ospedaliera. La sigla RMS venne quindi sostituita e divenne HMHS BRITANNIC.
L’ammiragliato prevedeva di alloggiare 3.309 pazienti nei ponti superiori per assicurare trasferimenti rapidi alle scialuppe in caso di emergenza. I medici, gli infermieri superiori, gli ufficiali amministrativi della corporazione medica Reale e i cappellani soggiornavano in cabine di prima classe, mentre gli infermieri inferiori e gli assistenti alloggiavano nelle cabine passeggeri dal ponte B in giù.
Il transatlantico Britannic ebbe una nuova livrea, quella riconosciuta ufficialmente in guerra: striscia verde longitudinale intervallata da 3 croci rosse, una linea di luci verdi longitudinale con croce rossa illuminata per la navigazione notturna, inoltre le fu assegnato il numero nave 9618. Questo permetteva alle navi di navigare indenni durante il conflitto.
La Nave Ospedale Britannic, al comando dell’esperto capitano Charles Bartlett, aveva il seguente programma: partire da Liverpool e Southampton, fare rotta verso il Mediterraneo (Napoli, Sicilia, Mar Egeo, Turchia e altri porti del Mare Nostrum), andare a caccia di feriti, curarli e portarli in salvo.
La partenza dalla Gran Bretagna fu tranquilla. Gli ordini dell’Ammiragliato a Bartlett prevedevano, nel viaggio d’andata, la breve sosta a Napoli per fare bunker (rifornimento di carbone e acqua), per poi raggiungere il porto di Mudros nell’isola greca di Lemnos.
La Nave Ospedale BRITANNIC raggiunse il Mediterraneo e qui restò operativa dal 1914 al 1916. Per l’esattezza fino a martedì 21 novembre 1916, giorno in cui, fu squarciata da una violenta esplosione al largo dell’isola di Kea nel Mar Egeo.
Secondo testimonianze, per la verità mai accertate, l’urto della mina avvenne nelle vicinanze della sala macchine.
Pur rafforzato nelle sue strutture, il Britannic affondò in 55 minuti.
L’affondamento causò la morte di 30 persone, molte delle quali, perirono quando, senza l’ordine preciso del ponte di comando, vennero ammainate le lance poppiere, mentre le eliche erano ancora in movimento.
Questa terribile circostanza accadde perché non fu possibile fermare le macchine, quindi gli assi porta-eliche a causa dei danni riportati a seguito dell’esplosione.
Alcune testimonianze, peraltro mai confermate da fonti ufficiali, riportano che l’esplosione fu terribilmente aumentata a causa del materiale esplosivo esistente a bordo (quasi certamente destinato a uso bellico; armamenti che non dovevano trovarsi a bordo).
Nessuno dei libri inglesi da me consultati e citati nella Bibliografia sotiene tale ipotesi, ma non viene esclusa l’ipotesi che l’eplosione sia stata fortemente incrementata dalla presenza di gas di carbone (coal dust igniting)*.
* – Un’esplosione di polvere è la rapida combustione di particelle fini sospese nell’aria, spesso in un luogo chiuso. Esplosioni di polvere possono verificarsi quando qualsiasi materiale combustibile polverizzato disperso è presente in concentrazioni sufficientemente elevate nell’atmosfera o in altri mezzi gassosi ossidanti, come l’ossigeno.
La Convenzione dell’Aja del 1907 aveva definito il concetto moderno di nave ospedale. In particolare l’articolo 4 definiva le caratteristiche necessarie affinché una nave potesse essere considerata “nave ospedale”: La nave doveva avere segni di riconoscimento e illuminazione specifiche; doveva fornire assistenza medica a feriti di tutte le nazionalità; non poteva essere impiegata per alcuno scopo militare; non doveva interferire né ostacolare le navi militari. Inoltre, le forze belligeranti avevano il diritto di ispezionare le navi ospedale per verificare eventuale violazioni delle norme di convenzione.
In caso di violazione anche solo di una delle limitazioni previste, la nave avrebbe perso il suo status di “zona franca” ed anzi protetta (molto spesso erano dipinte di bianco, e recavano in modo evidentissimo la grande Croce rossa, simbolo internazionale di neutralità) e sarebbe tornata ad essere considerata come unità combattente e come tale suscettibile di attacco nemico.
Subito dopo Il capitano Bartlett ordinò al timoniere di accostare verso l’isola di Kea, con l’intento di portare la Britannic verso i bassi fondali, ma la nave non rispondeva ai comandi: si era aperta una falla a dritta di prora da cui entrava mare vivo sui ponti aperti E-F.
La nave, per fortuna, era scortata da altri mezzi navali che riuscirono a salvare 1070 persone. 35 delle 58 scialuppe furono ammainate in mare.
La nave ormai sbandata a dritta, cedette a prua, mentre lo scafo si mantenne integro, come in seguito dimostrarono le riprese subacquee di famosi esploratori, una per tutte: quella compiuta nel 1974 dal comandante Jacques Cousteau.
Così i testimoni descrissero il naufragio:
“Iniziò ad affondare con la prua, quando le eliche emersero dall’acqua, la Britannic sbandò ancora di più a dritta e s’inabissò”.
IL SALVATAGGIO DEI SUPERSTITI
Come si é visto, la nave era scortata da altri mezzi navali che riuscirono a salvare oltre un migliaio di persone. Ma sarebbe ingiusto dimenticare la flottiglia di piccole navi da pesca greche che entrarono in scena quasi nello stesso momento in cui la nave affondò, insieme a navi più grandi chiamate dal Britannic.
La prima di fu la Heroic, che prese con sé 494 naufraghi, poi arrivò la HMS Scourge, che prese 339 sopravvissuti, seguita dalla HMS Foxhound. Arrivarono anche due rimorchiatori francesi: il Goliath e il Polyphemus, chiamate dalla Scourge. Anche le due scialuppe a motore del Britannic giocarono un ruolo chiave, girando per le altre scialuppe e prendendo i feriti più gravi, che vennero portati a Kea. I 150 sopravvissuti arrivarono nel piccolo villaggio di Korissia, dove ricevettero cure mediche.
Molte furono le inchieste effettuate negli anni successivi sulla dinamica dell’incidente. Inizialmente si pensò non ad una mina, bensì ad un siluro, poi si fece strada l’ipotesi che la nave, pur essendo nave ospedale, trasportasse armamenti che avrebbero aumentato il potere esplosivo all’impatto. Restò di fatto un mistero custodito per molto tempo, fin quando durante una spedizione avvenuta nel 2013, diretta da Carl Spencer, vennero fatte 2 scoperte interessanti. La prima riguardava la resistenza delle porte a tenuta stagna.
La seconda scoperta è probabilmente più interessante dal punto di vista storico. Una ricerca guidata da Bill Smith, un esperto di sonar, scoprì i resti di diverse catene di mine in prossimità del relitto e nell’esatta localizzazione identificata nel diario di bordo del sottomarino tedesco U-73.
La spedizione inoltre fece luce sulla tesi secondo cui, i fuochisti che a turno alimentavano le enormi caldaie della nave, utilizzassero le porte stagne come passaggio tra le paratie. Questo si tradusse nell’impossibilità di isolare le paratie e nel conseguente passaggio di acqua tra di esse. La tesi fu confermata dal fatto che molti dei portelli stagni utilizzati dai fuochisti, vennero trovati aperti durante l’esplorazione del relitto.
L’isola di Kea, nota anche con il nome di Tzia, si trova nelle Isole Cicladi ed è situata nell’angolo più remoto e tranquillo dell’arcipelago, lontana dalle affollate mete turistiche della zona come Mykonos e Santorini.
“Dal 2010 i turisti possono imbarcare sul nostro sommergibile e visitare il relitto, il più grande perfettamente conservato esistente al mondo” a 120 metri di profondità nelle acque due miglia a largo dell’isola di Kea, non lontano da Atene”.
C’informa Panayotis Bouras, responsabile della Britannic S.A., sussidiaria della Britannic Foundation inglese che detiene i diritti sul relitto.
“Il progetto è stato finanziato da investitori privati ai quali resta aperto. Il governo greco dapprima non si era mostrato troppo favorevole, per timore che l’affluenza di turisti potesse danneggiare il Britannic, considerato un “monumento sommerso” della storia marittima greca. Ma poi l’atteggiamento è cambiato e attualmente, sottolinea Bouras, non vi sono obiezioni e il Ministero della Marina Mercantile ha concesso l’autorizzazione per l’attività del sottomarino”.
Il Britannic, colato a picco mentre navigava come nave ospedale per la Royal Navy, fu una delle tre ammiraglie della Compagnia White Star che affondarono o subirono gravi collisioni. Oltre al Titanic, infatti, anche l’Olympic fu speronato due volte. Ciò, unito al fatto che un’infermiera, Violet Jessop fece parte degli equipaggi di tutte e tre le navi senza rimetterci mai la vita, ha fatto sorgere leggende sulla maledizione che graverebbe sulle unità della White Star.
“Ma non abbiamo paura delle leggende e delle maledizioni”, assicura Bouras. “Quello che vogliamo è dare l’opportunità alla gente di tutti i Paesi di visitare un relitto unico al mondo”.
Bibliografia:
CUNARD
By David L.Williams
THE FIRST GREAT OCEAN LINERS
By William H.Miller Jr.
THE WHITE STAR LINE 1870-1934
By Paul Louden-Brown
THE GOLDEN AGE OF OCEAN LINERS
By Lee server
BEKEN OF COWES – OCEAN LINERS
By Philip J. Fricker