“M/n TITO CAMPANELLA

UN NAUFRAGIO FANTASMA

 

14 gennaio 1984

 

La Bulk Carrier M/n TITO CAMPANELLA in navigazione

 

 

Armatore: AFRAMAR – Savona

 

Stazza lorda= 13.342 tonn.

 

Lunghezza ft.= 175,30 metri

 

Larghezza= 21 metri

 

Cantiere: Ansaldo S.A. Livorno

 

Varata:25-giugno-1961
Consegnata: gennaio 1962

 

Velocità: 13,50 nodi

 

Andata perduta in data 14 gennaio 1984  (Golfo di Biscaglia)

 

Ultima posizione: latitudine=45° Nord – longitudine= 8° Ovest in data 13 gennaio. Persero la vita l’intero equipaggio composto da 24 marittimi.

 

 

 

Oxelösund é una città della Svezia meridionale situata 92 km a SW di Stoccolma. La M/n TITO CAMPANELLA, al comando del C.L.C. Luigi Specchi di Viareggio, partì il 7 gennaio 1984 da questo porto con un carico di 20.000 tonnellate di laminati (steel plate) destinato ad Eleusis (Grecia), dove era attesa il 23 o 24 gennaio. La nave fece bunker a Flushing (Olanda) da dove ripartì il 12 gennaio. L’ultima comunicazione Nave-Roma Radio fu trasmessa il 14 gennaio: “navigazione regolare nel Golfo di Guascogna (Biscay). 100 miglia da Capo Villano” – (Estremità della penisola Iberica). La nave, da lì a pochi giorni, sarebbe entrata in Mediterraneo. Secondo i risultati dell’inchiesta parlamentare, che riportiamo in questo articolo, le condizioni avverse del mare incontrate nel Golfo di Biscaglia provocarono lo spostamento delle pesanti lamiere che avrebbero sfondato alcune paratie dello scafo nella stiva n.5. Da questa falla la nave avrebbe imbarcato tonnellate di mare in brevissimo tempo provocandone l’affondamento. La tragedia fu immediata e da bordo non ebbero neppure il tempo di attivare i soccorsi. A bordo c’erano 23 uomini e una donna, Alga Soligo Malfatti, 1° ufficiale di coperta e moglie del comandante.

«Sembra accertato», scrisse il 26 gennaio 1984 un’importata testata: «la Tito Campanella era fatiscente e non affidabile». Un giudizio che non deve stupire visto che un perito svedese, nel dicembre 1983, firmò un rapporto nel quale si diceva: «La nave presenta numerose deformazioni in tutte le stive, interessanti strutture trasversali e paratie». Inoltre, come sostenne la Commissione d’indagine, la stazione telegrafica di bordo era fatiscente, il personale a bordo insufficiente e i mezzi di salvataggio erano vecchi.

 

 

 

 

A distanza di 40 anni da quel tragico naufragio, siamo andati a visitare il porto di Oxelösund in Svezia. La giornata buia e piovosa ha reso ancora più triste il ricordo di quella lunga “bara” che trascinò con sé il suo equipaggio verso gli abissi.

 

 

 

 

 

 

Quei poveri marittimi furono abbandonati  a se stessi, “prima, durante e dopo il naufragio”. Su quel famigerato epilogo, si lessero tante illazioni, supposizioni, intrecci di verità e menzogne che finirono per confondere le idee a tutti. Il caso si chiuse tra polemiche, inchieste di ogni tipo, ma senza una spiegazione attendibile. La verità sparì in Atlantico con il suo carico, forse “mal stivato”, e con il suo equipaggio incolpevole. La nave era obsoleta, ne veniva da un anno di disarmo e non era in ordine, né sotto il profilo meccanico, né per la robustezza dello scafo. Tuttavia, nessuno di quelli rimasti a terra pagò penalmente per quelle disattenzioni… sicuramente qualcuno pagò per farla partire!

 

“Chi é in mare naviga, chi é in terra giudica”

 

Si diceva un tempo. Purtroppo, chi muore non può difendersi e non può puntare il dito contro i veri responsabili, né raccontare il film di quella tragedia. Le Assicurazioni sistemarono le “cose terrene” e gli armatori girarono pagina… Al contrario, le mogli, i figli, i parenti e gli amici piangono da 40 anni quel dolore senza fine, soprattutto non dimenticano, e noi vecchi marinai con il sale nel sangue, siamo ancora e sempre con loro, con quello spirito di solidarietà che in terra si predica… ma che in mare si pratica sempre, allora come oggi.

 

 

Lo spirito di questo scritto é racchiuso in questo semplice collage di memorie, di ricordi, di articoli pubblicati, di foto raccolte qua e là affinché non si perda la memoria di un NAUFRAGIO ANNUNCIATO, di una “vergogna marinara” che non ha testimoni, ma solo silenziosi uomini di mare che ricordano con dolore quella triste perdita e intendono semplicemente tramandarlo alle nuove generazioni di marinai e alla grande Storia, per non dimenticare!

 

 

Vi mostriamo una serie d’immagini di Oxelösund e del suo porto. Un contesto di isolotti, pinete e canali che fanno da scudo a queste banchine fiancheggiate da dune di minerale che il vento solleva e sparge dovunque. Questi porti sono tutti uguali: isolati e squallidi!

 

 

 

 

 

Da una di queste banchine del porto di Oxelösund (Svezia), la nave mollò gli ormeggi per il suo ultimo viaggio. Superate le insidie del Mar Baltico e del Mare del Nord, fu inghiottita dalle onde del Golfo di Biscaglia. Nella tragedia persero la vita 24 persone dell’equipaggio.

Da questa Stazione uscì il Pilota che  vide la nave ed il suo equipaggio per l’ultima volta.

 

 

 

 

Nelle pagine che seguono, riportiamo una raccolta di articoli che uscirono sulla stampa in quei drammatici giorni e delle ottime foto che furono scattate a bordo alcuni mesi prima della tragedia e che ho raccolto dal BLOG “pagine di mare”. Segue infine la Relazione del Senatore dott. Aldo Pastore alla Camera dei Deputati in merito all’affondamento. Tale intervento, a nostro giudizio, fu molto efficace, preciso e puntuale sotto ogni punto di vista: amministrativo, tecnico-marinaro e politico. Da quella relazione emerse un quadro d’insieme che a definire DISASTROSO sarebbe molto riduttivo.

 

 

Purtroppo, dopo quanto é successo a Genova, il 7 maggio 2013, con l’abbattimento della Torre di Controllo dei Piloti da parte di una nave sub standard, non siamo più sicuri che TRAGEDIE come quella della TITO CAMPANELLA abbiano insegnato qualcosa agli “imprenditori del mare”.

 

E’ giusto affermare che nel campo della SICUREZZA NAVALE si sono fatti passi giganteschi, ma é soprattutto consigliabile non abbassare mai la guardia: contro certi “virus” che si annidano nelle pieghe della peggior marineria del pianeta, non esiste alcun vaccino.

 

 

 

 

Intervento alla Camera dei Deputati del Senatore dott. Aldo Pastore

 

 

Signor Presidente, Signor Ministro, Onorevoli Colleghi,

 

 

 

credo sia doveroso, da parte nostra, tributare un sentito riconoscimento ai componenti della Commissione d’Indagine Amministrativa per il lavoro svolto; si trattava di una inchiesta complessa e difficile, si dovevano valutare, con serena obiettività, tutta una serie di fatti e di circostanze in partenza difficilmente spiegabili o interpretabili; ebbene ritengo che la Commissione abbia svolto questo compito con serietà, diligenza e competenza.

 

 

 

Certo: esistono, nella documentazione presentata, ancora delle lacune, dei nodi non sciolti, dei problemi rimasti insoluti e non si tratta, signor Ministro, di problemi di scarsa importanza; tuttavia la Commissione è riuscita a giungere a conclusioni che mi paiono verosimili e pertanto largamente condivisibili.

 

 

 

Quali sono queste conclusioni?

 

 

 

La Commissione ritiene non esservi più alcun dubbio sulla scomparsa per naufragio della nave.

 

 

Aggiunge che il naufragio stesso è stato repentino ed imprevisto.

 

 

Inoltre la Commissione ritiene che la causa più probabile del Sinistro sia rappresentata da uno spostamento del carico, dovuto ai violenti e bruschi movimenti della nave soggetta ad un mare assai tempestoso.

 

 

In particolare (conclude la Commissione) è verosimile che lo spostamento sia avvenuto nella stiva numero cinque, in relazione al tipo di caricazione e rizzaggio eseguiti in tale settore; lo spostamento avrebbe provocato una falla sul fasciame esterno, determinando l’ingresso dell’acqua con il riempimento della stiva suddetta fino al piano di galleggiamento relativo.

 

 

La “Tito Campanella” affondò quindi parallelamente al proprio assetto, senza quindi che il personale sul ponte potesse tempestivamente rendersi conto di quanto stava accadendo.

 

 

 

 

Queste dunque le sintetiche conclusioni della Commissione di Indagine Amministrativa; ma, stando così le cose, noi tutti, signor Ministro, dobbiamo chiederci quali sono state le cause più antiche che hanno condotto al determinarsi di questo tragico evento.

 

 

E queste cause più remote noi le troviamo scritte qua e là nel contesto della relazione della Commissione; vogliamo aggiungere, in tal senso, che il lavoro della Commissione non ha fatto altro che confermare (totalmente o parzialmente) le certezze, le intuizioni o più semplicemente i sospetti che il nostro gruppo parlamentare aveva puntualmente denunciato nell’interrogazione presentata alla Camera in data 24 gennaio 1984.

 

 

Quali sono queste cause più antiche?

 

 

 

1) La vetustà della nave: si trattava di una nave costruita nell’anno 1962, ridotta (come da noi denunciato nella interrogazione) ad un “ammasso di ferro”, rassomigliante ad “un relitto appena tirato su dal fondo”.

 

 

Queste nostre affermazioni hanno trovato puntuale conferma nel rapporto redatto dal perito svedese Eric Baldall in data 26-27 dicembre 1983; in tale rapporto si legge, infatti, che “la nave presentava numerose deformazioni ed indentature in tutte le stive, interessanti strutture trasversali, paratie, cielo del doppio fondo ed anche la coperta; nessuna delle stive risultava asciutta: in particolare le stive 1, 3 e 6 contenevano da 7 a 70 centimetri di acqua; anche il ponte della nave è stato trovato rugginoso.

 

 

 

 

2) La stazione radio-telegrafica era fatiscente (come da noi puntualmente evidenziato); a tal proposito è vero che la Commissione ha affermato che “un giudizio esauriente sulla funzionalità delle apparecchiature radio-telegrafiche potrà essere dato solo quando sarà completata la raccolta di tutte le informazioni ancora mancanti”, ma vi sono, nel contesto della relazione e della documentazione allegata, indizi certi che la stazione non era idonea allo scopo; basti accennare al contenuto del giornale radiotelegrafico del mese di dicembre 1983 (pagine 8 e 9 della relazione della Commissione di Indagine), regolarmente firmate dal Marconista e vistate dal Comandante della nave, o alle dichiarazioni dell’ex Marconista Nappi Raffaele (pagina 45 della relazione).

 

 

 

3) I mezzi di salvataggio a bordo erano sicuramente vetusti; di questo problema si parla soltanto incidentalmente nella relazione della Commissione; ma che la situazione al riguardo fosse disastrosa lo si deduce dalla descrizione fatta a pagina 5 di tali mezzi di salvataggio.

 

 

Essi erano rappresentati da:

 

 

n. 2 imbarcazioni da 40 posti ciascuna, una delle quali munite di motore;

 

 

n. 1 zattera da 20 posti sistemata a poppa;

 

 

n. 1 zattera autogonfiabile da 6 posti;

 

 

n. 40 giubbotti di salvataggio.

 

 

Orbene, l’età di questi mezzi di salvataggio coincideva con l’età della nave e non si sa se essi siano mai stati usati e se su di essi veniva eseguita una regolare e periodica opera di manutenzione.

 

 

L’unica eccezione è costituita dalla zattera di salvataggio autogonfiabile, che è stata sostituita nel corso dei lavori di riparazione e di manutenzione della nave, avvenuti dal 30 agosto al 17 settembre 1983.

 

 

 

4) Il carico delle lamiere è risultato eccedente, sproporzionato alle caratteristiche statiche della Tito Campanella e per di più sistemato in maniera assolutamente scorretta nelle stive della nave.

 

 

Questa affermazione (che peraltro era già presente nel testo della nostra interrogazione) ha trovato esatta conferma nei documenti acquisiti dalla Commissione ed in particolare risulta evidente nelle pagine 27-28 e 29 della relazione.

 

 

 

5) La composizione dell’equipaggio (così come risulta dalla tabella esibita dall’armatore) era insufficiente perchè non comprendeva né il terzo ufficiale di coperta, né il terzo ufficiale di macchina, espressamente previsti dalla Tabella di armamento, approvata nella riunione tenutasi il 23.10.1983 presso la Capitaneria di Porto di Savona tra l’armatore ed i rappresentanti sindacali.

 

 

Queste sono dunque, a nostro giudizio, le cause più antiche che hanno condotto al tragico evento.

 

 

Ma, signor Ministro, la Commissione d’Indagine Amministrativa ha dato altresì conferma alle nostre certezze ed ai nostri sospetti anche per quanto concerne i soccorsi prestati (o meglio non prestati) ed i ritardi con i quali si sono iniziate le ricerche del la nave scomparsa.

 

 

 

Dalla documentazione agli atti e dalla stessa relazione della Commissione si evince infatti che:

 

 

 

1) nessuna notizia sul mercantile è pervenuta in Italia dal 14 gennaio al 19 gennaio senza che alcuno, ai diversi livelli di responsabilità, si preoccupasse della totale assenza di notizie sul mercantile;

 

 

 

2) i mezzi di soccorso italiani hanno partecipato alle operazioni di ricerca in grave ritardo; questi delicati compiti sono stati, in effetti, delegati ai mezzi di soccorso spagnoli, portoghesi e francesi.

 

 

 

Dalla documentazione allegata alla relazione si ricava infatti che:

 

 

 

a) gli spagnoli hanno iniziato le ricerche della Tito Campanella al mattino del sabato 21.1.1984 (pag. 14) mediante aerei e successivamente hanno attivato alla ricerca anche la marina (pag. 20);

 

 

b) i portoghesi hanno partecipato alle ricerche mediante velivoli, inviati in data 23.1.1984 (pag. 21);

 

 

c) i francesi, dalla stessa data, hanno esplorato la zona nord della punta Estaca de Vares (pag. 51);

 

 

d) gli italiani hanno iniziato le ricerche soltanto all’alba del giorno 26 gennaio (pag. 13) mediante due aerei e due elicotteri, in grave ritardo quindi rispetto agli altri e soltanto dopo la visita a Madrid del ministro Carta (visita avvenuta il 24.1.1984).

 

 

 

Sorge, quindi, a questo punto, il problema delle responsabilità, pubbliche e private.

 

 

Certo: tali responsabilità saranno precisate dagli ulteriori accertamenti che verranno effettuati dalla Commissione d’inchiesta formale, prevista dall’art. 580 del Codice della Navigazione; è ovvio, d’altra parte, che ci troviamo di fronte a responsabilità di tipo diverso, alcune aventi rilevanza penale (e come tali di competenza della Magistratura ordinaria), altre aventi significato più propriamente politico.

 

 

Ma non saremmo sinceri e leali con noi stessi e con la società civile che qui rappresentiamo se, già sin d’ora, noi non esprimessimo il nostro pensiero su tali responsabilità, ben sapendo di pronunciare parole dure ed impietose verso tutti coloro che, in qualche modo, consideriamo coinvolti in questa dolorosa vicenda.

 

 

 

Ed allora dobbiamo dire, senza mezzi termini, che a nostro giudizio, portano grandi responsabilità:

 

 

 

1) La società armatrice:

 

 

– per aver consentito ad una nave di tal fatta di compiere viaggi di navigazione internazionali di lungo percorso;

 

 

– per aver posto in mare la Tito Campanella dal maggio all’agosto 1983 (dopo undici mesi di disarmo), senza far effettuare alcun lavoro di manutenzione (vedi pagina 24); per essersi disinteressata del destino della nave dal 14 gennaio al 19 gennaio, ben conoscendo le caratteristiche statiche del mercantile, ben conoscendo la difficile rotta seguita dalla nave e ben conoscendo, infine, quale tipo di bufera si era, in quei giorni scatenata sui mari percorsi dalla Tito Campanella;

 

 

– per avere provveduto a dotare la nave di un organico di personale insufficiente quantitativamente e qualitativamente.

 

 

 

2) Le autorità ed i tecnici preposti alla caricazione della nave (nel porto svedese di Oxelösund)

 

 

– per aver autorizzato ed effettuato un carico sproporzionato rispetto alle effettive possibilità della nave e, per di più, utilizzando un sistema di rizzaggio tecnicamente inidoneo.

 

 

 

3) Il RINA (Registro Navale Italiano).

 

 

 

– per aver dichiarato che la nave era in regola (con tutte le prescritte documentazioni) allorquando riprese i viaggi, partendo da Genova in data 17.9.1983, dopo aver effettuato i lavori di riparazione effettuati dalla ditta Mariotti, lavori che furono controllati dal RINA tramite i suoi Ispettori.

 

 

– Qualcuno, in particolare, deve venirci a spiegare la contraddizione esistente tra le dichiarazioni del RINA del settembre 1983 ed il rapporto del perito svedese Eric Baldall del dicembre 1983; confrontando le due documentazioni sembra addirittura di trovarci di fronte a due navi diverse, l’una quasi nuova, l’altra ridotta ad un ammasso di rottame; in buona sostanza qualcuno deve dirci come sia possibile che una nave possa aver subito un tale rapido deterioramento delle sue condizioni statiche e funzionali in soli tre mesi; sorge veramente il fondato sospetto che la certificazione del RINA sia stata in effetti una documentazione “di comodo” ad uso e consumo esclusivo dell’armatore.

 

 

 

4) Il Governo italiano

 

 

In questa vicenda le responsabilità politiche del Governo possono ricondursi a due distinti tipi di omissione:

 

 

 

a) la prima (contingente e legata direttamente alle vicende della Tito Campanella) è costituita dal fatto che il nostro Governo ha provveduto ad organizzare e ad inviare i mezzi di soccorso con grave ritardo e senza un organico piano di intervento;

 

 

b) la seconda (di carattere più generale e che trascende l’episodio contingente e coinvolge responsabilità governative ben più ampie e complesse in tema di sicurezza del lavoro in mare) è costituita dal cronico e colpevole ritardo con il quale il Governo onora i trattati e le convenzioni internazionali sulla materia; desidero ricordare, a tal proposito, che dopo il naufragio della “AMOCO CADIZ” il Parlamento europeo ha predisposto una direttiva (trasformata dal Consiglio dei Ministri della Comunità in raccomandazione) contenente disposizioni precise in tema di standards minimi di navigabilità e contemplante, tra l’altro, ispezioni di bordo e l’immobilizzo delle navi in condizioni di substandard, prive cioè delle”condizioni minime”; ebbene il nostro Governo ha sempre e costantemente disatteso tale raccomandazione.

 

 

Analoghe considerazioni possono farsi relativamente alla Convenzione Internazionale SAR ’79 relativa ai problemi della ricerca e del soccorso marittimo ed al Regolamento Internazionale delle radio-comunicazioni (emanato a Ginevra dall’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni), destinato a facilitare la ricerca della posizione di relitti e di naufraghi nel corso di operazioni di ricerca e salvataggio.

 

 

 

Emergono dunque dalla relazione della Commissione, dalla documentazione allegata ed, in ultimo, dalle “conclusioni e proposte di carattere generale (pag. 63 e seguenti) 1.1 delle gravi e precise responsabilità politiche del Governo; e la conferma di questa assenza del Governo sul tema della sicurezza del lavoro in mare deriva altresì dal fatto che durante l’attuale legislatura il Governo, su questo argomento, è riuscito a varare soltanto il Disegno di Legge n. 1230, Disegno di Legge che, per la sua inconsistenza e per la sua fumosità, è stato addirittura dichiarato improponibile dalla Commissione affari costituzionali di questa Camera.

 

 

 

Concludo, signor Presidente, e voglio terminare questo mio intervento con un auspicio (auspicio che, peraltro, è implicitamente racchiuso anche nei suggerimenti formulati dalla Commissione d’Indagine Amministrativa); voglio cioè augurarmi che tragedie come quella della Tito Campanella e di molte altre navi che l’hanno preceduta non abbiano più a ripetersi in futuro; il progresso scientifico e tecnologico consentono oggi di ridurre, in misura significativa, il rischio del lavoro in mare; è compito del Governo, è compito del Parlamento far sì che la nostra legislazione nel settore vada al passo con i tempi ed anticipi, in qualche caso, le innovazioni tecnologiche più significative, tenendo presente che, costantemente, la vita e la dignità dell’uomo debbono prevalere sempre sulla logica mercantile del profitto.

CONCLUSIONE:

 

Le accuse lanciate dal sen. Pastore sono come un proiettore sul luogo del delitto, hanno il grande pregio di fare chiarezza su tanti punti oscuri e sono ancora oggi molto valide e più che giustificate.

 

 

 

 

 

 

 

Tuttavia, sullo sfondo della tragedia rimangono ancora alcuni interrogativi: com’é possibile, in tempo di pace, che una nave di grandi dimensioni come la “TITO CAMPANELLA” svanisca nel nulla senza lasciare tracce nell’etere (S.O.S-Chiamate di Soccorso), sul mare (lance di salvataggio-zattere) o residui sulla costa? La rotta obbligata che congiunge La Manica a Gibilterra é sempre affollata di navi, com’é possibile che nessuno si accorse della sua sparizione? Probabilmente le condizioni meteo marine erano pessime, ma non proibitive. Non si verificarono (grazie a Dio) altri naufragi in quella terribile zona di mare e non ci furono danni alle città costiere.

 

 

 

 

 

 

 

I motivi del naufragio vanno ricercati altrove. Per fortuna la Storia non ha premura…

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 20 ottobre 2014