GEORGES VALENTINE
IL VELIERO RITROVATO
IL GEORGES VALENTINE ERA STATO COSTRUITO A LIVEPOOL NEL 1870. ATTRAVERSO’ L’OCEANO E ANDO’ A NAVIGARE INTORNO AL MONDO, CON VIAGGI DALLA FLORIDA VERSO L’AUSTRALIA !
NEL 1904 NAUFRAG0’ PRESSO STUART, IN FLORIDA. MA DOPO CENTODIECI ANNI TORNO’ A CAMOGLI GRAZIE ALL’ASSOCIAZIONE CAPITANI E MACCHINISTI E AL MUSEO MARINARO GIO BONO FERRARI.
Il Comandante Roberto VOLPI
Una storia incredibile, legata a Camogli e alla sua marineria! Dopo molti decenni, per la curiosità di un Comandante di Navi da Crociera, Roberto Volpi, viene alla luce uno di quei naufragi che chiameremmo spettacolari, e che una volta, purtroppo, non erano rari quando si navigava spinti soli dal “buon vento”.
Nel 1870, a Liverpool, dopo la sua costruzione nel 1869, viene registrata, dai LLOYDS di Londra, una nave , che prende il nome di “ CAPE CLEAR” per conto della Società MEIERS and COMPANY. In realtà si trattava di un piroscafo a un’elica, di 767 Tonnellate di registro, scafo in acciaio con vele ausiliarie, classificato nell’uso comune “Vapore con Vele”.
Dopo il varo la nave fu impiegata nelle rotte Liverpool – Australia per il trasporto di passeggeri e merci varie.
Nel 1889 il “Cape Clear” fu venduto ad una compagnia di Navigazione Francese, con sede a Bordeax, che addirittura trasformò il Piroscafo in Brigantino a Palo, eliminando la parte motrice a vapore, eccetto una caldaia. La Nave, così trasformata fu rinominata GEORGES VALENTINE e successivamente veniva venduta ad un armatore di DUNKERQUE.
Nel 1895 fu acquistata dagli armatori camogliesi Mortola e Simonetti per essere adibita a viaggi regolari per il trasporto del legname dal porto di Pensacola (Florida) per il Sud America.
Questa trasformazione “al contrario”, oppure in “controtendenza” da Vapore a Brigantino a palo, rispetto all’evoluzione del tempo, é davvero sorprendente…!
Nell’ottobre del 1904, per proseguire nel nostro racconto, il brigantino a palo GEORGES VALENTINE salpò da Pensacola per Buenos Aires con un carico di travi di mogano.
L’equipaggio consisteva in dodici uomini di differenti nazionalità, al comando del Cap. PROSPERO MORTOLA detto “TESTANEIGRA” di Camogli.
Il viaggio iniziò con tempo buono e venti favorevoli che si mantennero per tutta la traversata del Golfo del Messico. Il 13 ottobre era in vista delle luci dell’AVANA.
Improvvisamente, mentre era impegnato nell’attraversamento dello stretto della Florida, il brigantino fu investito da forti venti di burrasca che sostenne per un giorno e mezzo, senza riportare avarie. Nonostante ciò, dato il perdurare della burrasca, il Capitano preoccupato per la sicurezza dell’equipaggio e della nave, ad un certo punto ordinò il gettito a mare del carico sopra coperta con l’intento di alleggerirla e migliorarne la stabilità.
Il terzo giorno le condizioni meteomarine peggiorarono ulteriormente, con venti forti, violenti piovaschi e mare molto agitato, con onde che spazzavano continuamente la coperta.
Il Capitano Mortola sapendo di essere scarrocciato verso la costa di sottovento, tentò ogni possibile manovra per mantenere il GEORGES VALENTINE in acque profonde, ma tutto fu inutile. Verso le 8.00 di sera del 16 ottobre, nel fragore delle onde che si infrangevano contro la scogliera, la poppa urtò un banco di roccia sommerso e in breve tempo l’intero scafo fu sospinto contro la costa.
Nell’urto, i tre alberi d’acciaio, furono abbattuti uccidendo nella caduta uno degli uomini dell’equipaggio. Il cassero e le lance di salvataggio furono spazzate via dalle onde. Anche l’equipaggio, privo di ogni riparo, venne trascinato in mare e sospinto verso la costa molto accidentata.
Casa Rifugio com’era, com’é
Victor Erickson, un marinaio svedese, fu il primo a toccare terra, sostenendo l’ufficiale Ernest Bruce, troppo debole per lottare contro il mare. I due risalirono la pericolosa costa rocciosa nudi, feriti, stanchi e infreddoliti e raggiunsero la Casa Rifugio a Gilbert’s Shoal, dove svegliarono il responsabile della struttura, il Capitano William Rea, che diede immediato aiuto ai due uomini e organizzò la ricerca degli altri naufraghi.
La Casa Rifugio di Gilter’s Bar, costruita nel 1876, è l’unica rimasta delle dieci Case Rifugio edificate dal Governo degli Stati Uniti lungo la brulla costa orientale della Florida, per offrire assistenza ai superstiti dei numerosi naufragi che si verificavano lungo quella costa. Infatti i naufraghi che riuscivano a raggiungere la riva, generalmente in cattive condizioni fisiche per i traumi subiti nel disastro della loro nave, spesso morivano per mancanza di aiuto.
I custodi di queste Case Rifugio percorrevano la costa, specialmente dopo le tempeste, alla ricerca di persone che necessitavano di assistenza in seguito ai “non rari naufragi”.
Attualmente, la Casa Rifugio di Gilter’s Bar, è adibita a Museo, ma durante l’ultimo conflitto, tra 1942 e il 1945 fu ancora utilizzata come punto di osservazione per l’avvistamento di eventuali sommergibili tedeschi.
Erickson, si pose in alto sulle rocce, con una lanterna, per guidare i restanti membri dell’equipaggio sopravvissuti verso la salvezza, sfidando con il Capitano Rea il pericolo di essere colpiti dal legname trasportato dalla nave, scaraventato sulla costa dal vento. Le ricerche durarono per tutta la notte e portarono al ritrovamento di altri cinque uomini.
Tutti avevano riportato ferite, lacerazioni e fratture agli arti e furono aiutati a raggiungere la Casa Rifugio, dove vennero rifocillati e curati.
La tempesta imperversò ancora per due giorni e l’intero equipaggio del brigantino a palo sarebbe sicuramente perito se il naufragio non fosse avvenuto nei pressi della Casa Rifugio.
Nessuno dei cinque uomini mancanti, tra cui i camogliesi Prospero Modesti, allievo ufficiale, Francesco Schiaffino detto “Barbasecca”, nostromo e Filippo Chiesa, dispensiere, fu recuperato.
Il Georges Valentine divenne la loro tomba.
Quattro giorni dopo il Naufragio del Brigantino Camogliese, Il 17 ottobre 1904, durante la stessa tempesta, la nave spagnola “Cosme Calzado” si incagliò tre miglia a nord del Georges Valentine. Dei sedici uomini d’equipaggio uno solo annegò, impigliato nel sartiame, mentre gli altri riuscirono a guadagnare la spiaggia e a rifugiarsi in un capanno, sino a quando furono trovati e ospitati nella Casa Rifugio insieme all’equipaggio del Georges Valentine.
Il Capitano Rea e sua moglie, con l’aiuto di alcuni residenti locali, curarono tutti i naufraghi, sino a che furono in condizioni di intraprendere il viaggio verso le loro case.
Il Capitano Rea dichiarò: “Con questi due equipaggi abbiamo avuto scozzesi, russi, italiani, spagnoli e svedesi; mai tanti naufraghi erano stati ricoverati insieme nella Casa Rifugio, eppure tutto è andato bene e tutti hanno collaborato. Quando finalmente li ho accompagnati a Jacksonville per il rimpatrio tutti gli uomini mi hanno salutato sull’attenti e il Capitano Mortola, abbracciandomi, mi ha detto commosso “Good-bye Captain, non ci rivedremo più’”.
Il George Valentine, del valore di 18,000 dollari, andò completamente perduto, mentre il carico di travi di mogano, per buona parte recuperato sulla scogliera e sulla spiaggia, con un valore iniziale di 7,000 dollari, fu venduto all’asta per soli 200 dollari.
Molti dei travi recuperati sulle spiagge o sulla costa, furono usati per la costruzione di case nella zona di Stuart in Florida.
Tutti gli uomini degli equipaggi dei due velieri rientrarono alle loro case, tranne un russo, Edward Sarkenglov, che cambiò nome in Ed Smith e divenne un pescatore locale, conosciuto come “Big Ed”.
Capitan Rea e sua moglie restarono alla Casa Rifugio sino al maggio 1907.
Questa è la storia del Georges Valentine, una storia drammatica, con risvolti tragici per la perdita di vite umane, ma soprattutto di solidarietà allo stesso tempo. Una storia sconosciuta, fino a poco tempo fa, dai conservatori della Storia Marinara di Camogli del Museo Marinaro Gio Bono Ferrari.
Ma ecco che il caso e la curiosità di un camogliese la riporta alla luce.
Al centro, il comandante Roberto Volpi
Bruno Malatesta a sinistra ospite della Casa Rifugio
Da sinistra: G.Massone, N.Andreatta, G.Gazzale, Pro.Schiaffino, C.Gatti, Mario Peccerini
Un membro veterano della Società Capitani di Camogli, il Comandante Roberto Volpi, comandante di prestigiose e moderne Navi da Crociera, contattò dalla Florida, dove si trovava imbarcato, il Capitano Bruno Malatesta, vice presidente della Società Capitani e Macchinisti. Egli riferì che a Stuart, circa 150 kilometri a Nord di Miami, si trovava un Museo che conservava alcuni reperti di un veliero camogliese, il Georges Valentine.
Qui ci fermiamo un momento per sottolineare la continuità della nostra tradizione marinara: un capitano di oggi che ha studiato al nostro Istituto Nautico – responsabile della vita di migliaia di persone e della sicurezza della sua nave – riportava alla luce dei fatti riguardanti la nave di un capitano camogliese di oltre cento anni fa!
Il Comandante Volpi, inviò a Malatesta una documentazione riguardante i registri di accoglienza della Casa Rifugio di Gilbert’s Shoals, nelle vicinanze di Stuart. Quei fogli parlavano di un naufragio dove persero la vita delle persone e nel quale il brigantino camogliese Georges Valentine” fu dichiarato “perdita totale”.
I nomi registrati dall’allora responsabile della Casa Rifugio, Capitano William Rea, riportati in maniera scorretta, erano inconfutabili nomi camogliesi.
Bisognava però saperne di più: al giorno d’oggi è difficile far funzionare la macchina del tempo che ti riporta 110 anni indietro; per alimentarla hai bisogno di documentazione e ricerca che sono propellente raro, poiché introvabile in rete.
Ma l’occasione era ghiotta: ci veniva fornito il segmento finale, dice Malatesta, di una tragica storia che, sul versante americano era motivo di interesse culturale, ma per noi era anche la conoscenza di fatti tragici che coinvolsero dei concittadini naviganti.
Ovviamente iniziò una fitta corrispondenza con la direttrice capo del Museo di Stuart, Janet Hendrix, la quale ci fornì della preziosa documentazione, a noi completamente sconosciuta. Dal canto nostro, avevamo poco da offrire, se non la certezza che quei nomi riguardavano Camogli e la sua tradizione marinara e così, Malatesta, si impegnò ad effettuare delle ricerche.
Ma ecco finalmente la corrispondenza inconfutabile: nel famoso testo di Gio Bono Ferrari, “Capitani e Bastimenti di Liguria”, esattamente a Pag.478 – è sempre Malatesta che parla – trovai l’annotazione che, a grandi linee, descrive il naufragio del Georges Valentine! Anche noi avevamo finalmente un riscontro ufficiale!
Immediatamente lo inviai alla signora Hendrix per un confronto, e di lì nacque un solido legame tra due remoti punti geografici della vita di questo veliero. Specifico qui che nella lista dei diplomati nautici del 1883, a Camogli, c’era solo la sezione Coperta, ed è riportato elencato il nome Prospero Mortola, che all’epoca dei fatti avrebbe avuto circa quarantanni. Ogni ulteriore informazione – forse da San Rocco, dove il cognome Mortola è molto comune – sarebbe benvenuta.
Prospero Modesti, l’Allievo ed il suo compagno di classe, Bartolomeo Simonetti, anch’egli forse Allievo, si diplomarono al nostro Istituto Nautico nel 1903, cioè l’anno prima del naufragio, per cui erano ovviamente giovanissimi.
Il ricordo del Georges Valentine che naufragò nel 1904, è ancora vivo e tangibile ai nostri giorni in Florida. A circa 50 metri dalla scogliera di Gilbert’s Shoals, ancora adesso, incredibilmente, i suoi resti strutturali sono visibili in fondo al mare a circa 12 metri di profondità. L’ossatura delle sue ordinate e della chiglia, sono diventate un paradiso per gli escursionisti subacquei ed è l’undicesima “Area Protetta Marina” dello Stato della Florida.
In queste foto vediamo i resti dello scafo del Georges Valentine che giace su bassi fondali visitati dai sub.
Non solo, anche RAI 3, poco più di una anno fa, si interessò alla storia del Georges Valentine. Lo stesso Malatesta collaborò a realizzare un interessante filmato e ne venne fuori un ottimo servizio su Camogli e la sua importante tradizione marinara.
Casa Rifugio per i naufraghi
Ma la storia non finisce qui, nel Giugno del 2014, racconta sempre Malatesta, “mi recai in Florida, per visitare la “Casa Rifugio” ancora perfettamente conservata, che oggi appartiene al sistema Museale Elliot. Incontrai il Custode, Jim Mc Cormick, ed altri suoi assistenti. Come souvenir, dal lato camogliese, avevo un crest della Società Capitani e Macchinisti e il testo di Gio Bono Ferrari, opportunamente tradotto, nel punto in cui specificava la perdita del veliero camogliese.
Durante quella visita fui accompagnato dal Comandante Volpi che aveva segnalato per primo a noi di Camogli la connessione tra la Casa Rifugio e il brigantino camogliese.
Rimasi entusiasmato dalle condizioni interne della Casa e dei suoi reperti, tra cui anche alcuni resti, proprio del Georges Valentine.
Le Case Rifugio, ai tempi dell’Epoca Eroica della Vela, ebbero grande sviluppo un po’ in tutto il mondo, soprattutto lungo le coste più impervie, privi di segnalazioni luminose e in acque ritenute pericolose dai naviganti anche per la frequenza di tempo cattivo”.
Molte sono le testimonianze che vengono descritte nella letteratura di mare, e pensiamo sia interessate citarne alcune.
Spesso venivano redatte delle cartine come quelle qui riprodotte nel cosidetto “atterraggio” della costa inglese, della Cornovaglia. I nomi evidenziati in giallo sono quelli di velieri o navi naufragati mentre quelli sottolineati sono i nomi geografici dei luoghi. Questa che vi mostriamo, più recente, riporta anche il nome Torrey Canyon, una famosa petroliera che inquinò la costa inglese nel suo naugragio avvenuto nel 1967. (Vedi articolo sul sito)
La Torrey Canyon è stata una delle prime petroliere, battente bandiera liberiana , capace di trasportare 120.000 tonnellate di petrolio greggio.
Si arenò al largo della Cornovaglia ne 1967, causando il primo rilevante disastro ambientale dovuto allo sversamento in mare di grandi quantità di petrolio e successiva contaminazione costiera da parte del greggio fuoriuscito.
Per evitare altri danni alle coste francesi e inglesi, dato che il mare mosso impediva un intervento adeguato e non esistevano esperienze precedenti di contenimento di simili disastri, il governo inglese diede ordine alla RAF di bombardare la nave ed incendiare il petrolio fuoriuscito.
Possiamo solo commentare che per lo meno, i velieri non erano inquinanti quando naufragavano, mentre il progresso nell’uso del combustibile di petrolio ha portato anche a queste spaventose conseguenze, tragiche soprattutto per la fauna e flora marina. Infatti, negli anni seguenti altre grosse petroliere provocarono disastri ambientali e non di poco conto. In seguito a questi disastri, per primo negli Stati Uniti, si sono introdotte norme di sicurezza molto più restrittive e da molti anni tutte le petroliere, devono essere costruite a doppio scafo.
Sable Island (Nuova Scozia)
Un’altra straordinaria testimonianza di quanto era dura la vita per i marinai nell’800, è questa incredibile riproduzione dell’Isola di SABLE ISLAND cioè Isola della Sabbia, con tutte le date e i nomi delle navi naufragate, che si trova a circa 80 miglia a est della Nuova Scozia, in Atlantico.
Soprattutto per la sua posizione, e la sua costa bassa e sabbiosa, i naufragi, sono stati incredibilmente numerosi. Sable Island è stata anche soprannominata “TRISTE ISOLA DI LUTTO”, e se guardiamo questa stampa su tela, esposta al Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari, comprendiamo facilmente il perché di questo soprannome. I marinai del tempo della vela hanno pagato prezzi spaventosi se pensiamo soltanto ai passaggi di Capo Horn o altre difficili navigazioni. Spesso, la solidarietà umana ha cercato di lenire queste tragiche ferite che per secoli sono sono state un flagello per tanti naviganti.
Nei maggiori porti di armamento o provenienza della “gente di mare” verso la metà dell’Ottocento sorgeranno delle associazioni a scopo prettamente umanitario come la Società di Mutuo Soccorso di Lerici datata 1852 con scopi di assistenza sociale per le vittime dei naufragi o per chi rimanenva senza imbarco.
Mentre l’Assicurazione Marittima Camogliese riveste scopi maggiormente assicurativi data la rilevanza economica armatoriale di tutto il mondo marittimo camogliese di quei tempi.
Molti anni prima, lungo le coste tempestose sorgevano le Case di Rifugio dette anche Case dei Marinai.
Molti di questi rifugi erano addirittura senza custodi dove il naufrago, infreddolito, bagnato e spesso ferito, all’interno vi trovava legna da ardere, cibo appeso al riparo dei roditori e istruzioni per raggiungere la sede di soccorso più vicina.
Un tipico esempio di questa straordinaria solidarietà era proprio l’isola della Sabbia che annovera circa 150 anni di soccorsi.
La prima stazione si formò nel 1801 e fu attiva sino al 1958. Molti naufraghi devono la vita alla preparazione e al coraggio degli equipaggi di soccorso. Chi è andato per mare sa bene che ogni puntino di questa carta ha rappresentato una tragedia. Vite perdute, famiglie distrutte, vedove e bambini orfani. Fin dal 1583, i naufragi, puntualmente registrati su Sable Island, sono stati oltre 250. Un record non certo invidiabile crediamo.
Ma perché tanti naufragi a Sable Island!
Prima di tutto il mare attorno all’isola della Sabbia (nella foto), è una delle zone più pescose del mondo. E’ anche vicino a una delle rotte più frequentate tra Europa e Nord America. Centinaia di navi vi passano ogni anno.
Ma è una zona soggetta a tempeste. Sable Island giace proprio sul passaggio della maggior parte delle tempeste che punteggiano la costa Atlantica del Nord America. Tempeste estremamente ingannevoli per i velieri che erano semplicemente spinti dal vento contro quest’isola.
La nebbia poi circonda l’isola: d’estate, l’aria calda della Corrente del Golfo produce densi banchi di nebbia incontrandosi con l’aria raffreddata della Corrente del Labrador intorno a Sable. Sable è soggetta a nebbia 125 giorni all’anno; a Toronto, nella costa vicina, sono soltanto 25.
Le correnti intorno a Sable sono ingannevoli. L’isola giace vicino al punto d’incontro di tre correnti oceaniche maggiori: la Corrente del Golfo, del Labrador e di Belle Isle.
Ma anche queste tragedie, per fortuna, hanno avuto fine.
Sin dal 1947 non ci sono stati più naufragi: fino a tempi recenti, si usavano i sestanti per fare il punto nave. I sestanti, possiamo affermare che erano precisi, anche se si basavano sulla visibilità del sole o delle stelle ed erano inutili in caso di nebbia fitta o cielo coperto. In cattivo tempo, il Capitano navigava a “intuito” o meglio con la “navigazione stimata”, usando la velocità della nave e la direzione per stimare la sua posizione. Ma anche in buone condizioni era un indovinare basato sull’esperienza. Correnti e temporali confondevano i calcoli del miglior “capitano”; così si chiamavano sui velieri, non Comandante, come spiegano al Museo Marinaro di Camogli.
Molti rapporti di naufragi riportano che il Capitano, semplicemente …… “si perse”: giudicò erroneamente il punto nave e s’imbattè nell’isola della Sabbia per sbaglio.
Dopo la seconda Guerra Mondiale, il radar e altri strumenti di navigazione più avanzati in ultimo il GPS si diffusero sulle navi mercantili. L’isola della Sabbia cessò così di essere un pericolo incombente per la navigazione.
Trascorsi 11 anni senza naufragi, l’insediamento umano fu chiuso nel 1958. Ora i fari sono automatici, la sede principale é in rovina. I residenti permanenti di Sable sono ora mezza dozzina di osservatori meteorologici, talvolta con le loro famiglie.
Un altro aspetto di questi naufragi erano le svariate quantità di materiale di bordo compresi pezzi dello scafo che arrivavano a terra, il cui legname serviva a molteplici usi non escluso quello edilizio. A quei tempi tutto era utile e non sono rari i saccheggi che avvenivano quando un veliero naufragava in una costa impervia. In certi casi, parliamo di qualche secolo addietro, si arrivava persino a spostare le poche e rare luci che servivano per la navigazione, ingannando il capitano e facilitandone l’incaglio in qualche scoglio. Dobbiamo anche ricordare che il calcolo della longitudine, insieme a quello della latitudine determina il punto nave, ma questo dato importantissimo cominciò ad assumere connotati di una certa precisione soltanto ai primi dell’ottocento con la costruzione e la dotazione obbligatoria sulle navi di precisi cronometri di bordo in seguito alle insistenze quasi ossessionanti, ma giuste, dell’orologiaio inglese John Harrison. Un orologiaio vinse la battaglia della Longitudine contro i “dotti” astronomi del tempo. Ma questa è un’altra storia, anche se non meno affascinante.
Abbiamo voluto collegare la straordinaria storia del Georges Valentine alle tante Stazioni di Soccorso o Case Rifugio che esistevano al tempo della vela, per far capire una volta di più, quanto è stata dura la vita del marinaio, che spesso viveva giorni di supplizi e di paure con poco cibo, quasi sempre avariato, ed il mare che gli demoliva la nave. Nell’imminente naufragio, la sua unica speranza e salvezza era una solida fede in Dio o al suo Santo protettore che spesso era l’unico salvagente al quale tenersi aggrappato.
Nave Narcissus (Quadreria Santuario di Montallegro-Rapallo)
Gli ex voto dei marinai che si trovano in molti Santuari sparsi un po’ in tutta Italia, da Milazzo a quello di Montenero a Livorno, a quello di Montallegro, alla Madonna della Guardia o al nostro Boschetto di Camogli, sono una rilevante testimonianza religiosa e di fede, che in mezzo ad una tempesta è l’unica cosa in cui credere.
Possiamo solo aggiungere che il naufragio del “GEORGES VALENTINE” , grazie al Comandante Roberto Volpi, è stato un importante salvataggio della memoria.
Un ringraziamento è doveroso verso i membri dell’Associazione Capitani e Macchinisti, che con determinazione hanno contribuito a questa scoperta.
Mentre il Museo Marinaro, Gio Bono Ferrari, rappresenta la memoria vivente e operante delle attività produttive della nostra gente, che permisero ai nostri padri e ai nostri nonni di crescere e prosperare.
Ancora una volta scrigno prezioso di tanti tesori, avventure e … tempeste.
Ernani ANDREATTA
Rapallo, 4 Marzo 2015
Webmaster: Carlo GATTI
Bibliografia:
– Gio Bono Ferrari – Capitani e bastimenti di Liguria–Arti Grafiche Tigullio– Rapallo-1939
– Florida Departement of State – Division of Historical Resources
– Geaorges Valentie Archaeological Preserve – Historical Society of Martin County
– Sandra Henderson e Deanna Wintercon – Home of History –
Southeastern Printing Inc. – Stuart, Florida.
– Michael Barnett – Florida’s Shipwrecks – Arcadia Publishing Charleston, S.Caroline.
Foto:
– Bruno Malatesta
– Agenzia Bozzo – Camogli
– The Historical Society of Martin County (gentilmente concesse)
-Grande Atlante del Mondo – Vallardi Editore – 1988